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2001 - Dialogo tra le culture per una civiltà dell'amore e della Pace   versione testuale
 

Messaggio di
Giovanni Paolo II
per la XXXIV Giornata della Pace
  
Dialogo tra le culture per una civiltà dell'amore e della Pace
 
1 gennaio 2001
 
1. All'inizio di un nuovo millennio, più viva si fa la speranza che i rapporti tra gli uomini siano sempre più ispirati all'ideale di una fraternità veramente universale. Senza la condivisione di questo ideale, la pace non potrà essere assicurata in modo stabile. Molti segnali inducono a pensare che questa convinzione stia emergendo con maggior forza nella coscienza dell'umanità. Il valore della fraternità è proclamato dalle grandi « carte » dei diritti umani; è manifestato plasticamente da grandi istituzioni internazionali e, in particolare, dall'Organizzazione delle Nazioni Unite; è infine esigito, come mai prima d'ora, dal processo di globalizzazione che unisce in modo crescente i destini dell'economia, della cultura e della società. La stessa riflessione dei credenti, nelle diverse religioni, si fa più incline a sottolineare che il rapporto con l'unico Dio, Padre comune di tutti gli uomini, non può che favorire il sentirsi e il vivere da fratelli. Nella rivelazione di Dio in Cristo, questo principio è espresso con estrema radicalità: « Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore » (1 Gv 4,8).
 
 
2. Al tempo stesso, però, non ci si può nascondere che le luci appena evocate sono offuscate da vaste e dense ombre. L'umanità comincia questo nuovo tratto della sua storia con ferite ancora aperte, è provata in molte regioni da conflitti aspri e sanguinosi, conosce la fatica di una più difficile solidarietà nei rapporti tra uomini di differenti culture e civiltà, ormai sempre più vicine e inter-agenti sugli stessi territori. Tutti sanno quanto sia difficile comporre le ragioni dei contendenti, quando gli animi sono accesi ed esasperati a causa di odi antichi e di gravi problemi che faticano a trovare soluzione. Ma non meno pericolosa per il futuro della pace sarebbe l'incapacità di affrontare con saggezza i problemi posti dal nuovo assetto che l'umanità, in molti Paesi, va assumendo, a causa dell'accelerazione dei processi migratori e della convivenza inedita che ne scaturisce tra persone di diverse culture e civiltà.
 
3. Mi è parso perciò urgente invitare i credenti in Cristo, e con essi tutti gli uomini di buona volontà, a riflettere sul dialogo tra le differenti culture e tradizioni dei popoli, indicando in esso la via necessaria per l'edificazione di un mondo riconciliato, capace di guardare con serenità al proprio futuro. Si tratta di un tema decisivo per le prospettive della pace. Sono lieto che anche l'Organizzazione delle Nazioni Unite abbia colto e proposto questa urgenza, dichiarando il 2001 « Anno internazionale del dialogo fra le civiltà ».
 
Sono naturalmente lontano dal pensare che, su un problema come questo, si possano offrire soluzioni facili, pronte per l'uso. E laboriosa già la sola lettura della situazione, che appare in continuo movimento, così da sfuggire a schemi prefissati. A ciò si aggiunge la difficoltà di coniugare principi e valori che, pur essendo idealmente armonizzabili, possono manifestare in concreto elementi di tensione che non facilitano la sintesi. Resta poi, alla radice, la fatica che segna l'impegno etico di ogni essere umano costretto a fare i conti col proprio egoismo e i propri limiti.
 
Ma proprio per questo vedo l'utilità di una riflessione corale su questa problematica. A tale scopo mi limito qui ad offrire alcuni principi orientativi, nell'ascolto di ciò che lo Spirito di Dio dice alle Chiese (cfr Ap 2,7) e a tutta l'umanità, in questo decisivo passaggio della sua storia.
 
L'uomo e le sue differenti culture
 
4. Considerando l'intera vicenda dell'umanità, si resta sempre meravigliati di fronte alle manifestazioni complesse e variegate delle culture umane. Ciascuna di esse si diversifica dall'altra per lo specifico itinerario storico che la distingue, e per i conseguenti tratti caratteristici che la rendono unica, originale e organica nella propria struttura. La cultura è espressione qualificata dell'uomo e della sua vicenda storica, a livello sia individuale che collettivo. Egli, infatti, è spinto incessantemente dall'intelligenza e dalla volontà a « coltivare i beni e i valori della natura »,(1) componendo in sintesi culturali sempre più alte e sistematiche le fondamentali conoscenze che concernono tutti gli aspetti della vita e, in particolare, quelle che attengono alla sua convivenza sociale e politica, alla sicurezza ed allo sviluppo economico, all'elaborazione di quei valori e significati esistenziali, soprattutto di natura religiosa, che consentono alla sua vicenda individuale e comunitaria di svolgersi secondo modalità autenticamente umane.(2)
 
5. Le culture sono sempre caratterizzate da alcuni elementi stabili e duraturi e da altri dinamici e contingenti. Ad un primo sguardo, la considerazione di una cultura fa cogliere soprattutto gli aspetti caratteristici, che la differenziano dalla cultura dell'osservatore, assicurandole un tipico volto, nel quale convergono elementi della più diversa natura. Nella maggior parte dei casi, le culture si sviluppano su territori determinati, in cui elementi geografici, storici ed etnici si intrecciano in modo originale e irripetibile. Questa « tipicità » di ciascuna cultura si riflette, in modo più o meno rilevante, nelle persone che ne sono portatrici, in un dinamismo continuo di influssi subiti dai singoli soggetti umani e di contributi che questi, secondo le loro capacità e il loro genio, danno alla loro cultura. In ogni caso, essere uomo significa necessariamente esistere in una determinata cultura. Ciascuna persona è segnata dalla cultura che respira attraverso la famiglia e i gruppi umani con i quali entra in relazione, attraverso i percorsi educativi e le più diverse influenze ambientali, attraverso la stessa relazione fondamentale che ha con il territorio in cui vive. In tutto questo non c'è alcun determinismo, ma una costante dialettica tra la forza dei condizionamenti e il dinamismo della libertà. Formazione umana e appartenenza culturale
 
6. L'accoglienza della propria cultura come elemento strutturante della personalità, specie nella prima fase della crescita, è un dato di esperienza universale, di cui è difficile sopravvalutare l'importanza. Senza questa radicazione in un humus definito, la persona stessa rischierebbe di essere sottoposta, in età ancora debole, a un eccesso di stimoli contrastanti, che non ne aiuterebbero lo sviluppo sereno ed equilibrato. E sulla base di questo rapporto fondamentale con le proprie « origini » — a livello familiare, ma anche territoriale, sociale e culturale — che si sviluppa nelle persone il senso della « patria », e la cultura tende ad assumere, ove più ove meno, una configurazione « nazionale ». Lo stesso Figlio di Dio, facendosi uomo, acquistò, con una famiglia umana, anche una « patria ». Egli è per sempre Gesù di Nazareth, il Nazareno (cfr Mc 10,47; Lc 18,37; Gv 1,45; 19,19). Si tratta di un processo naturale, in cui istanze sociologiche e psicologiche inter-agiscono, con effetti normalmente positivi e costruttivi. L'amor di patria è, per questo, un valore da coltivare, ma senza ristrettezze di spirito, amando insieme l'intera famiglia umana(3) ed evitando quelle manifestazioni patologiche che si verificano quando il senso di appartenenza assume toni di autoesaltazione e di esclusione della diversità, sviluppandosi in forme nazionalistiche, razzistiche e xenofobe.
 
7. Se perciò è importante, da un lato, saper apprezzare i valori della propria cultura, dall'altro occorre avere consapevolezza che ogni cultura, essendo un prodotto tipicamente umano e storicamente condizionato, implica necessariamente anche dei limiti. Perché il senso di appartenenza culturale non si trasformi in chiusura, un antidoto efficace è la conoscenza serena, non condizionata da pregiudizi negativi, delle altre culture. Del resto, ad un'analisi attenta e rigorosa, le culture mostrano molto spesso, al di sotto delle loro modulazioni più esterne, significativi elementi comuni. Ciò è visibile anche nella successione storica di culture e civiltà. La Chiesa, guardando a Cristo, rivelatore dell'uomo all'uomo,(4) e forte dell'esperienza compiuta in duemila anni di storia, è convinta che, « al di sotto di tutti i mutamenti, ci sono molte cose che non cambiano ».(5) Tale continuità è fondata sulle caratteristiche essenziali e universali del progetto di Dio sull'uomo.
 
Le diversità culturali vanno perciò comprese nella fondamentale prospettiva dell'unità del genere umano, dato storico e ontologico primario, alla luce del quale è possibile cogliere il significato profondo delle stesse diversità. In verità, soltanto la visione contestuale sia degli elementi di unità che delle diversità rende possibile la comprensione e l'interpretazione della piena verità di ogni cultura umana.(6)
 
Diversità di culture e reciproco rispetto
 
8. Nel passato le diversità tra le culture sono state spesso fonte di incomprensioni tra i popoli e motivo di conflitti e guerre. Ma ancor oggi, purtroppo, in diverse parti del mondo, assistiamo, con crescente apprensione, al polemico affermarsi di alcune identità culturali contro altre culture. Questo fenomeno può, alla lunga, sfociare in tensioni e scontri disastrosi, e quanto meno rende penosa la condizione di talune minoranze etniche e culturali, che si trovano a vivere nel contesto di maggioranze culturalmente diverse, inclini ad atteggiamenti e comportamenti ostili e razzisti.
 
Di fronte a questo scenario, ogni uomo di buona volontà non può non interrogarsi circa gli orientamenti etici fondamentali che caratterizzano l'esperienza culturale di una determinata comunità. Le culture, infatti, come l'uomo che ne è l'autore, sono attraversate dal « mistero di iniquità » operante nella storia umana (cfr 2 Ts 2,7) ed hanno bisogno anch'esse di purificazione e di salvezza. L'autenticità di ogni cultura umana, il valore dell'ethos che essa veicola, ossia la solidità del suo orientamento morale, si possono in qualche modo misurare dal suo essere per l'uomo e per la promozione della sua dignità ad ogni livello ed in ogni contesto.
 
9. Se tanto preoccupante è il radicalizzarsi delle identità culturali che si rendono impermeabili ad ogni benefico influsso esterno, non è però meno rischiosa la supina omologazione delle culture, o di alcuni loro rilevanti aspetti, a modelli culturali del mondo occidentale che, ormai disancorati dal retroterra cristiano, sono ispirati ad una concezione secolarizzata e praticamente atea della vita e a forme di radicale individualismo. Si tratta di un fenomeno di vaste proporzioni, sostenuto da potenti campagne mass-mediali, tese a veicolare stili di vita, progetti sociali ed economici e, in definitiva, una complessiva visione della realtà, che erode dall'interno assetti culturali diversi e civiltà nobilissime. A motivo della loro spiccata connotazione scientifica e tecnica, i modelli culturali dell'Occidente appaiono fascinosi ed attraenti, ma rivelano, purtroppo, con sempre maggiore evidenza, un progressivo impoverimento umanistico, spirituale e morale. La cultura che li genera è segnata dalla drammatica pretesa di voler realizzare il bene dell'uomo facendo a meno di Dio, Bene sommo. Ma «la creatura — ha ammonito il Concilio Vaticano II — senza il Creatore svanisce! ».(7) Una cultura che rifiuta di riferirsi a Dio perde la propria anima e si disorienta divenendo cultura di morte, come testimoniano i tragici eventi del secolo XX e come stanno a dimostrare gli esiti nichilistici attualmente presenti in rilevanti ambiti del mondo occidentale.
 
Il dialogo tra le culture
 
10. Analogamente a quanto avviene per la persona, che si realizza attraverso l'apertura accogliente all'altro e il generoso dono di sé, anche le culture, elaborate dagli uomini e a servizio degli uomini, vanno modellate coi dinamismi tipici del dialogo e della comunione, sulla base dell'originaria e fondamentale unità della famiglia umana, uscita dalle mani di Dio che « creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini » (At 17,26).
 
In questa chiave, il dialogo tra le culture, tema del presente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, emerge come un'esigenza intrinseca alla natura stessa dell'uomo e della cultura. Espressioni storiche varie e geniali dell'originaria unità della famiglia umana, le culture trovano nel dialogo la salvaguardia delle loro peculiarità e della reciproca comprensione e comunione. Il concetto di comunione, che nella rivelazione cristiana ha la sua sorgente e il modello sublime in Dio uno e trino (cfr Gv 17,11.21), non è mai appiattimento nell'uniformità o forzata omologazione o assimilazione; è piuttosto espressione del convergere di una multiforme varietà, e diventa perciò segno di ricchezza e promessa di sviluppo.
 
Il dialogo porta a riconoscere la ricchezza della diversità e dispone gli animi alla reciproca accettazione, nella prospettiva di un'autentica collaborazione, rispondente all'originaria vocazione all'unità dell'intera famiglia umana. Come tale, il dialogo è strumento eminente per realizzare la civiltà dell'amore e della pace, che il mio venerato predecessore, Papa Paolo VI, ha indicato come l'ideale a cui ispirare la vita culturale, sociale, politica ed economica del nostro tempo. All'inizio del terzo millennio è urgente riproporre la via del dialogo ad un mondo percorso da troppi conflitti e violenze, talvolta sfiduciato e incapace di scrutare gli orizzonti della speranza e della pace.

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Giovedì 20 Febbraio 2014