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1987 - Sviluppo e solidarietà: due chiavi per la Pace   versione testuale

Messaggio di
Giovanni Paolo II
per la XX Giornata della Pace
  
Sviluppo e solidarietà: due chiavi per la Pace
1 gennaio 1987
 
 
 
1. Un appello a tutti...
Il mio predecessore Paolo VI di venerata memoria lanciò un appello a tutte le persone di buona volontà per la celebrazione di una Giornata mondiale della pace il primo giorno di ogni anno civile, come augurio e insieme promessa che fosse la pace «a dominare lo svolgimento della storia avvenire». A distanza di vent'anni riprendo questo appello, rivolgendomi a ognuno dei membri della famiglia umana. Vi invito, pertanto, a unirvi a me nel riflettere sulla pace e nel celebrare la pace. Far questo in mezzo alle difficoltà - come sono quelle di oggi - significa proclamare la nostra fiducia nell'umanità.
 
In base a questa fiducia io rivolgo il mio appello a ciascuno, confidando nel fatto che insieme noi possiamo imparare a celebrare la pace quale desiderio universale di tutti i popoli in ogni luogo. Tutti noi, che condividiamo tale desiderio, possiamo così divenire una sola cosa nei nostri pensieri e nei nostri sforzi per fare della pace una meta che può essere raggiunta da tutti in favore di tutti.
 
Il tema, che ho scelto per il messaggio di quest'anno, trae ispirazione da quella profonda verità sull'uomo, secondo la quale noi siamo una sola famiglia umana. Per il semplice fatto di esser nati in questo mondo, noi partecipiamo della stessa eredità e abbiamo la stessa origine con ogni altro essere umano. Questa unicità si esprime in tutte le ricchezze e diversità della famiglia umana: in differenti razze, culture, linguaggi e storie. E noi siamo chiamati a riconoscere la radicale solidarietà della famiglia umana come la condizione fondamentale del nostro vivere insieme su questa terra.
 
Il 1987 segna anche il 20· anniversario della pubblicazione della «Populorum Progressio». Questa celebre enciclica di Paolo VI fu un solenne appello per un'azione concreta in favore dello sviluppo integrale dei popoli. La frase di Paolo VI: «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace», precisa una delle chiavi nella nostra ricerca della pace. Può esistere una vera pace, quando uomini, donne e bambini non possono vivere la loro piena dignità umana? Può esserci una pace duratura in un mondo regolato da relazioni sociali, economiche e politiche che favoriscono un gruppo o una nazione a spese di un'altra? Può stabilirsi una pace genuina senza il riconoscimento effettivo di quella stupenda verità, secondo cui noi siamo tutti eguali in dignità, eguali perché siamo stati formati a immagine di Dio, che è nostro Padre?
 
2. ...per riflettere sulla solidarietà...
 
Questa messaggio per la XX Giornata della pace si collega strettamente al messaggio che indirizzai al mondo l'anno scorso sul tema Nord-Sud, Est-Ovest: una sola pace. In tale messaggio dicevo (n. 4): «L'unità della famiglia umana ha ripercussioni realissime nella nostra vita e nel nostro impegno in favore della pace... questo significa che noi c'impegniamo per una nuova solidarietà: la solidarietà della famiglia umana... una nuova forma di relazione: la solidarietà sociale di tutti».
 
Riconoscere la solidarietà sociale della famiglia umana comporta la responsabilità di edificare su ciò che ci rende una sola cosa. Ciò significa promuovere effettivamente e senza eccezioni l'eguale dignità di tutti come esseri umani, dotati di certi fondamentali e inalienabili diritti. Ciò tocca tutti gli aspetti della nostra vita individuale, come pure della nostra vita nella famiglia, nella comunità in cui viviamo e nel mondo. Una volta che comprendiamo veramente di essere fratelli e sorelle in una comune umanità, allora possiamo modellare i nostri atteggiamenti nei confronti della vita alla luce della solidarietà che ci rende una cosa sola. Ciò è vero in modo speciale per tutto quanto è in relazione col progetto universale di base: la pace.
 
Nel corso della vita di tutti noi ci sono stati dei momenti ed eventi che ci hanno collegati nel riconoscimento consapevole dell'unicità dell'umanità. Dal tempo in cui siamo per la prima volta riusciti a vedere le immagini del mondo dallo spazio, si è verificato un sensibile mutamento nel nostro modo d'intendere il nostro pianeta e la sua immensa bellezza e fragilità. Aiutati dalle conquiste dell'esplorazione spaziale, abbiamo scoperto che l'espressione «la comune eredità di tutto il genere umano» ha assunto, da quella data, un nuovo significato. Quanto più noi condividiamo le ricchezze artistiche e culturali proprie di ciascuno, tanto più scopriamo la nostra comune umanità. I giovani soprattutto hanno approfondito il loro senso di unità nel corso di eventi sportivi di carattere regionale e mondiale e attività similari, sviluppando i loro legami di fraternità come uomini e donne.
 
3. ...nella sua attuazione...
 
Al tempo stesso, quante volte in anni recenti abbiamo avuto l'occasione di entrare in contatto come fratelli e sorelle, per aiutare coloro che erano colpiti da disastri naturali o afflitti dalla guerra e dalla fame. Siamo testimoni di un crescente desiderio collettivo - al di là delle nostre frontiere politiche, geografiche e ideologiche - di aiutare i membri meno fortunati della famiglia umana. La sofferenza, ancora così tragica e prolungata, dei nostri fratelli e sorelle dell'Africa subsahariana sta facendo sorgere in ogni luogo forme e progetti di questa solidarietà tra esseri umani. Due delle ragioni per le quali nel 1986 ebbi la gioia di conferire il «Premio internazionale della pace Giovanni XXIII» all'Ufficio cattolico per i soccorsi d'emergenza e per i profughi (COERR) della Thailandia, furono, la prima, quella di poter attirare l'attenzione del mondo sulle persistenti difficoltà di coloro che sono costretti a lasciare la loro patria, e, la seconda, di poter mettere in luce lo spirito di cooperazione e collaborazione che tanti gruppi - cattolici e altri - hanno dimostrato nel rispondere alle necessità di quelle persone dolorosamente provate e senza tetto. Sì, lo spirito umano può rispondere e risponde con grande generosità alle sofferenze degli altri. In queste risposte noi possiamo trovare una crescente attuazione di quella solidarietà sociale, la quale proclama con le parole e con i fatti che noi siamo una cosa sola, che dobbiamo riconoscere questa unicità, e che ciò è un elemento essenziale per il bene comune di tutti gli individui e di tutte le nazioni.
 
Questi esempi dimostrano che possiamo cooperare e cooperiamo in molti modi, e possiamo pure lavorare e lavoriamo insieme per promuovere il bene comune. Tuttavia dobbiamo fare di più. Occorre che assumiamo un atteggiamento di fondo nei confronti dell'umanità e delle relazioni che abbiamo con ciascuna persona e ciascun gruppo del mondo. E' così che possiamo cominciare a vedere come l'impegno per la solidarietà da parte dell'intera famiglia umana sia una chiave per la pace. I progetti che incrementano il bene dell'umanità o la buona volontà tra i popoli, sono un passo verso l'attuazione della solidarietà. Il legame di comprensione e di carità, che ci spinge ad aiutare coloro che soffrono, mette in luce il nostro essere uno in un'altra maniera. Ma la sfida soggiacente per tutti noi è di assumere un atteggiamento di solidarietà sociale con l'intera famiglia umana e di affrontare secondo tale atteggiamento tutte le situazioni politiche e civili. Così, per esempio, l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha scelto il 1987 come Anno internazionale dell'alloggio per i senzatetto. Nel far così, essa richiama l'attenzione su di un ambito di grande interesse e promuove un atteggiamento di sollecitudine - umana, politica ed economica - nei confronti di milioni di famiglie private dell'ambiente essenziale per una conveniente vita familiare.
 
4. ...e negli ostacoli che incontra...
 
Non mancano, purtroppo, gli esempi di ostacoli alla solidarietà derivanti da posizioni politiche e ideologiche, che di fatto condizionano l'attuazione della solidarietà. Si tratta di posizioni o di indirizzi, che ignorano o negano la fondamentale eguaglianza e dignità della persona umana. A questo proposito penso in particolare: alla xenofobia che chiude le nazioni in se stesse, o porta i governi a emanare leggi discriminanti a danno di persone nei loro stessi paesi; alla chiusura dei confini in un modo arbitrario e ingiustificabile, cosicché le persone sono effettivamente private della capacità di spostarsi e di migliorare la loro sorte, di riunirsi con i loro cari, o semplicemente di visitare la loro famiglia, o di raggiungere gli altri per averne cura e comprensione; alle ideologie che predicano l'odio o la diffidenza, e ai sistemi che erigono barriere artificiali. L'odio razziale, l'intolleranza religiosa, le divisioni di classe sono fin troppo presenti in molte società sia in forma aperta che nascosta. Quando i dirigenti politici erigono tali divisioni all'interno dei sistemi o dei loro programmi che riguardano le relazioni con altre nazioni, allora questi pregiudizi colpiscono il centro stesso della dignità dell'uomo. Essi diventano una fonte potente di controreazioni che aumentano ancor più la divisione, l'inimicizia, la repressione e lo stato di guerra. Un altro male, che nel corso dell'anno passato ha causato tanta sofferenza alle persone e grave danno alla società, è il terrorismo.
 
L'antidoto a tutto questo è offerto da un'effettiva solidarietà. Invero, se il carattere della medesima è da ravvisare nell'eguaglianza radicale di tutti gli uomini e donne, allora ogni qualsiasi politica che contraddica alla dignità fondamentale e ai diritti umani di ciascuna persona o gruppo di persone, è una politica che dev'essere respinta. Al contrario, le politiche e i programmi che instaurano relazioni leali e oneste tra i popoli, che producono giuste alleanze, che uniscono gli uomini in un'onorevole cooperazione, devono essere incrementate. Tali iniziative non ignorano le reali differenze linguistiche, razziali, religiose, sociali o culturali esistenti tra i popoli; e neppure ignorano le grandi difficoltà nel superare divisioni e ingiustizie inveterate. Ma esse mettono al primo posto gli elementi che uniscono, per quanto esigui essi possano apparire.
 
Questo spirito di solidarietà è uno spirito che si apre al dialogo. Esso trova le sue radici nella verità e ha bisogno della verità per svilupparsi. Esso è uno spirito che cerca di costruire, piuttosto che di distruggere, di unire piuttosto che dividere. Dato che la solidarietà è universale come aspirazione, esso può assumere molte forme. Accordi regionali per promuovere il bene comune e incoraggiare negoziati bilaterali possono servire ad alleggerire le tensioni. Gli scambi di tecnologie o di informazioni per scongiurare disastri o per migliorare la qualità di vita della gente in un'area particolare, contribuiranno alla solidarietà e faciliteranno ulteriori misure a un livello più vasto.
 
5. ...e per riflettere sullo sviluppo...
 
In nessun altro settore dello sforzo umano vi è forse maggior bisogno di solidarietà sociale che nell'area dello sviluppo. Molto di ciò che Paolo VI disse vent'anni fa nell'enciclica che ora ricordiamo, si può applicare in modo speciale al giorno d'oggi. Egli vide con grande lucidità che la questione sociale era diventata di ampiezza mondiale («Populorum Progressio», 3). Egli fu tra i primi a richiamare l'attenzione sul fatto che il progresso economico è di per sé insufficiente e richiede anche il progresso sociale. Soprattutto insisteva sul fatto che lo sviluppo dev'essere integrale, cioè dev'essere sviluppo di ciascuna persona e dell'intera persona. Per lui l'umanesimo plenario era questo: uno sviluppo onnicomprensivo della persona - uomo e donna - in tutte le sue dimensioni, aperto all'Assoluto e in grado di offrire «l'idea della vita dell'uomo». Un tale umanesimo è la meta comune che dev'essere perseguita da tutti. «Lo sviluppo integrale dell'uomo - egli diceva - non può aver luogo senza lo sviluppo solidale dell'umanità» («Populorum Progressio», 42).
 
E ora, dopo vent'anni, desidero rendere omaggio a questo insegnamento di Paolo VI. Nelle mutate circostanze odierne, queste profonde intuizioni, specialmente quelle concernenti l'importanza di uno spirito di solidarietà ai fini dello sviluppo, sono ancora valide e gettano una grande luce sulle nuove sfide.

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Giovedì 20 Febbraio 2014