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Educare alla Pace, Commissione Giustizia e Pace CEI (1998)   versione testuale
 
 
Conferenza Episcopale Italiana
Commissione Ecclesiale Giustizia e Pace
 
 
EDUCARE ALLA PACE
 
Nota pastorale
 
Roma, marzo 1998
 
 
Presentazione
 
Ecco la Nota pastorale Educare alla pace. Con Educare alla legalità (1991) e Stato sociale ed educazione alla socialità (1995) essa costituisce una piccola trilogia, che riteniamo non solo facilmente accessibile e maneggevole per le modeste dimensioni, ma anche pastoralmente utile. Sottolineiamo la possibilità di adoperare con vantaggio nella pastorale ordinaria questi strumenti, che la Commissione Ecclesiale Giustizia e Pace, già autorevolmente presieduta da S.E. Mons. Giovanni Volta e da S.E. Mons. Tarcisio Bertone, ha predisposto e la cui pubblicazione è stata approvata dal Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana.
 
Legalità, socialità, pace: sono valori strettamente collegati, non dissociabili uno dall’altro. La loro attualità è permanente, se non perenne. L’illegalità, organizzata o individuale ed episodica, non recede dagli ambienti che è riuscita a inquinare o controllare. La socialità, intesa come apertura della coscienza e della volontà al bene comune, sembra seriamente minacciata dall’individualismo, dal corporativismo, da una visione grettamente o sottilmente improntata a utilitarismo, la quale condiziona e orienta la vita di molte persone, famiglie, aggregazioni d’interessi.
 
La pace, poi, non è necessario ripeterlo, è un valore così necessario, prezioso, fragile, che non si può mai essere certi d’averla in possesso e godimento una volta per tutte: questo è vero della “grande pace” internazionale, che abbiamo temuto di perdere anche nella recente, seconda crisi mediorientale, come per la tranquillità di singoli paesi (pensiamo particolarmente al cuore, così spesso insanguinato, dell’Africa nera, ma anche a situazioni d’altri continenti: la penisola balcanica, l’America latina, l’Asia), che effettivamente sembrano privati da troppo tempo di quella “tranquillità dell’ordine” senza della quale la nostra vita non sarebbe nostra, non sarebbe vita.
 
Con la conclusione di questo discorso, che vuole rivolgersi umilmente, concretamente, alle singole coscienze ed alle comunità cristiane, a cominciare dalle parrocchie, dai gruppi, dalle associazioni, la Commissione Ecclesiale Giustizia e Pace conclude anche quest’altro quinquennio della propria attività. Mancheremmo a un preciso dovere se non dicessimo, anche con queste righe, la nostra riconoscenza più viva ai componenti la Commissione, dei quali conosciamo e possiamo testimoniare l’alta sapienza, il generoso spirito di partecipazione, il profondo amore per la Chiesa: per quella che è in Italia e per quella universale, della quale è pastore grande e maestro di educazione alla pace Giovanni Paolo II.
 
Roma, 19 marzo 1998
 
festa di San Giuseppe
 
+ Pietro Nonis
 
Presidente della Commissione Ecclesiale
Giustizia e Pace
 
 
 
 
 
Introduzione
 
1. - La pace è una promessa e insieme un’invocazione, che nasce nel profondo dell’essere di ogni uomo e ogni donna. In essa si proiettano immagini di tranquillità e di sconvolgimento, di fratellanza e di conflitto, di vita e di morte; essa vive della memoria del dolore, della paura che il dolore si rinnovi, della speranza di esserne risparmiati. La pace appare come la condizione e la sintesi di ogni altro bene desiderato.
 
Eppure c’è uno scarto tragico fra la sincerità dell’invocazione e la realtà della vita. Si fa la guerra affermando di avere in cuore la pace. In nome del proprio sogno si contrasta il sogno dell’altro e non gli si fa posto. Il conflitto è contrabbandato come il prezzo inevitabile da pagare per la quiete e l’ordine, spesso identificati con la vittoria e la tranquillità del più forte. E il sangue di Abele continua a gridare dai solchi della terra (cf. Gen 4,10).
 
 
2. - È allora spontaneo chiederci: perché questa contraddizione? Se la pace, sempre inseguita, sembra sempre sfuggire al possesso dell’uomo, non ci sarà nella stessa condizione umana qualcosa che impedisce il realizzarsi del sogno?
 
Certo la pace chiama in causa le istituzioni, nelle quali si esprimono e vengono regolate la vita e le relazioni dei popoli. Ma è sempre il cuore dell’uomo che è chiamato a scegliere tra la forza e il dialogo, la competizione e la solidarietà. La guerra non è altro che la massificazione dei gesti di ostilità fra uomo e uomo, quotidianamente vissuti e dispersi nelle inimicizie, nelle sopraffazioni, negli egoismi individuali. Cambiare le istituzioni è quindi necessario, ma resta impresa vana e impossibile se non cambia il cuore dell’uomo.
 
Infatti il volto definitivo dell’uomo non è quello del carnefice né quello della vittima, perché entrambi si mostrano disumani. Nel profondo dell’esistenza personale l’uomo avverte che la propria “verità totale” è una sorta di traguardo: egli “diventa” uomo, nella continua tensione verso la pienezza del proprio essere. Poiché dunque il dinamismo che accompagna tale crescita è l’educazione, se si vuole che il seme dell’invocazione alla pace diventi frutto, occorre educare alla pace.
 
 
3. - È questa la prospettiva nella quale intendiamo metterci, concludendo un itinerario di riflessione e proposta, che è iniziato con il tema dell’educazione alla legalità (1991) ed è passato attraverso il tema dell’educazione alla socialità (1995).
 
Le pagine che seguono si propongono anzitutto di ascoltare, raccogliere e condividere con ogni uomo e donna le contraddizioni e le attese contenute nell’invocazione umana alla pace. Nelle ambiguità che accompagnano l’invocazione si profilano infatti appelli rigorosi alla conversione, che coinvolgono insieme credenti e non credenti. Nella tensione costruttiva, che comunque l’invocazione rivela, spuntano valori umani che vanno condivisi e stimati per se stessi, ma che - per chi crede in Gesù di Nazaret - si manifestano pure come germi del regno di Dio che cresce nella storia, fino alla pienezza di novità del giorno ultimo (cf. Parte prima).
 
I credenti in Cristo sanno di dover condividere l’invocazione di pace di tutta l’umanità, ma anche la ricchezza del messaggio evangelico sulla pace, donato loro per grazia, rivolto però a tutta l’umanità. Una sintetica proposta di tale messaggio viene quindi offerta fraternamente, come contributo al crescere della speranza e della responsabilità collettive (cf. Parte seconda).
 
Dall’ascolto e dallo scambio nasce infine la proposta di alcune linee per un progetto di educazione alla pace, con l’unico desiderio di contribuire all’elaborazione di un itinerario educativo che si mostri condivisibile e vivibile. Le sue ragioni vanno perciò fondate sull’invocazione umana più vera e drammatica, e vanno alimentate ai valori di vita che la fede cristiana aiuta a riconoscere e a vivere come dono dall’alto, ma che ognuno può scoprire scrutando il proprio cuore. La pace infatti è di tutti e può nascere solo con l’opera convergente di tutti (cf. Parte terza).  
 
 
 
Giovedì 27 Febbraio 2014