6. …e sulle sue odierne applicazioni
Quando riflettiamo sull’impegno per la solidarietà nel campo dello sviluppo, la prima e veramente fondamentale verità è che lo sviluppo è una questione di uomini. Gli uomini sono i soggetti del vero sviluppo, e lo scopo del vero sviluppo sono gli uomini. Lo sviluppo integrale degli uomini è la meta e la misura di tutti i progetti di sviluppo. Il fatto che tutti gli uomini siano al centro dello sviluppo è una conseguenza dell’unicità della famiglia umana; e ciò è indipendente da qualunque scoperta tecnologica o scientifica che il futuro può riservare. Gli uomini devono essere il punto focale di tutto ciò che vien fatto per migliorare le condizioni di vita. Gli uomini devono essere operatori attivi, non ricettori passivi in ogni vero processo di sviluppo.
Un altro principio dello sviluppo, in quanto attiene alla solidarietà, è la necessità di promuovere i valori che rechino veramente beneficio agli individui e alla società. Non basta raggiungere e aiutare coloro che sono nel bisogno. Dobbiamo aiutarli a scoprire i valori che li mettano in grado di costruire una nuova vita e di prendere il loro legittimo posto nella società con dignità e giustizia. Tutti hanno il diritto di perseguire e di raggiungere ciò che è buono e vero. Tutti hanno il diritto di scegliere quelle cose che elevano la vita, e la vita di una società non è in alcun modo moralmente neutra. Le scelte sociali portano conseguenze che possono promuovere come avvilire il vero bene della persona nella società.
Nel campo dello sviluppo e, in special modo, dello sviluppo dell’assistenza sono stati offerti dei programmi che pretendono di essere «liberi da valori», ma che in realtà rappresentano controvalori per la vita. Quando si esaminano programmi di governo o sistemi di aiuti che virtualmente costringono comunità e paesi ad accettare programmi di contraccezione o progetti di aborto come prezzo per lo sviluppo economico, allora bisogna dire chiaramente e con forza che queste proposte violano la solidarietà della famiglia umana, perché negano i valori dell’umana dignità e dell’umana libertà.
Ciò che è vero per lo sviluppo della persona mediante la scelta dei valori, che elevano la vita, si applica anche allo sviluppo della società. Tutto ciò che impedisce la vera libertà milita contro lo sviluppo della società e delle istituzioni sociali. Lo sfruttamento, le minacce, la soggezione forzata, il rifiuto di possibilità da parte di un settore della società a un altro, sono inaccettabili e contraddicono alla nozione stessa di solidarietà umana. Simili attività, sia all’interno di una società sia tra le nazioni, possono purtroppo sembrare ben riuscite per un certo tempo. Tuttavia, quanto più a lungo permangono tali condizioni, tanto più è probabile che finiscano per essere la causa di ulteriore repressione e di crescente violenza. I semi di distruzione sono già seminati nell’ingiustizia istituzionalizzata. Il negare i mezzi di un compiuto sviluppo a un qualsiasi settore di una determinata società o a una qualsiasi nazione, può soltanto portare all’insicurezza e alla tensione sociale. Ciò fomenta l’odio e la divisione e distrugge la speranza di pace.
La solidarietà, che stimola lo sviluppo integrale, è quella che protegge e tutela la legittima libertà di ciascuna persona e la giusta sicurezza di ciascuna nazione. Senza questa libertà e sicurezza vengono a mancare le condizioni stesse per lo sviluppo. Non soltanto gli individui, ma anche le nazioni devono essere in grado di partecipare alle scelte che le riguardano. La libertà, che le nazioni devono avere per assicurare la loro crescita e il loro sviluppo come membri di pari diritto nella famiglia delle nazioni, dipende dal rispetto reciproco tra di loro. Il cercare una superiorità economica, militare o politica a spese dei diritti delle altre nazioni mette in pericolo qualsiasi prospettiva per un vero sviluppo o per una vera pace.
7. Solidarietà e sviluppo: due chiavi per la pace
Per queste ragioni, io ho proposto che quest’anno si rifletta sulla solidarietà e sullo sviluppo come chiavi per la pace. Ciascuna di queste realtà ha uno specifico significato. Entrambe sono necessarie per le mete a cui miriamo. La solidarietà è etica per sua natura, perché implica un’affermazione di valore circa l’umanità. Per questa ragione, le sue implicazioni per la vita umana sul nostro pianeta e per le relazioni internazionali sono anch’esse etiche: i nostri comuni vincoli di umanità esigono che si viva in armonia e che si promuova ciò che è bene l’uno per l’altro. Queste implicazioni etiche costituiscono la ragione per la quale la solidarietà è una chiave fondamentale per la pace.
In questa medesima luce lo sviluppo assume il suo pieno significato. Non è più questione semplicemente di migliorare certe situazioni o condizioni economiche. Lo sviluppo diventa in definitiva una questione di pace, perché esso aiuta a raggiungere ciò che è bene per gli altri e per la comunità umana nella sua interezza.
Nel contesto della vera solidarietà non c’è pericolo di sfruttamento o di cattivo uso dei programmi di sviluppo a beneficio di pochi. Lo sviluppo, piuttosto, diventa in tal modo un processo che coinvolge i diversi membri della medesima famiglia umana e li arricchisce tutti. Se la solidarietà ci dà la base etica per un’azione appropriata, allora lo sviluppo diventa l’offerta che il fratello fa al fratello, in modo che entrambi possano vivere più pienamente in tutta la diversità e complementarietà che sono come i marchi di garanzia della civiltà umana. E’ da questa dinamica che proviene quell’armonica «tranquillità dell’ordine», che costituisce la vera pace. Sì, la solidarietà e lo sviluppo sono le due chiavi per la pace.
8. Alcuni problemi moderni…
Molti dei problemi, che sono di fronte al mondo in questo inizio del 1987, sono realmente complessi e sembrano quasi insolubili. Eppure, se crediamo nell’unicità della famiglia umana, se insistiamo sul fatto che la pace è possibile, la nostra comune riflessione sulla solidarietà e sullo sviluppo, come chiavi per la pace, può gettare tanta luce su queste situazioni critiche.
Certamente il persistente problema del debito con l’estero di molte nazioni in via di sviluppo potrebbe essere riguardato con nuovi occhi, se ciascuno degli interessati includesse consapevolmente queste considerazioni etiche nelle valutazioni fatte e nelle soluzioni proposte. Molti aspetti di queste problematiche – il protezionismo, i prezzi delle materie prime, le priorità negli investimenti, il rispetto degli obblighi contratti, come pure la considerazione delle condizioni interne delle nazioni indebitate – trarrebbero vantaggio dalla ricerca solidale di quelle soluzioni, che promuovono uno sviluppo stabile.
In riferimento alla scienza e alla tecnologia, stanno emergendo nuove e marcate divisioni tra coloro che sono forniti di supporti tecnologici e quelli che non lo sono. Tali diseguaglianze non promuovono la pace e lo sviluppo armonico, ma piuttosto aggravano le già esistenti situazioni di diseguaglianza. Se gli uomini sono il soggetto dello sviluppo e la meta a cui esso tende, una più ampia condivisione dei progressi delle applicazioni tecnologiche con i paesi meno avanzati tecnologicamente diventa un imperativo etico di solidarietà, come lo è il rifiuto di fare di tali nazioni il campo di prova per esperimenti assai dubbi o un luogo di scarico per prodotti discutibili. Organizzazioni internazionali e vari stati stanno facendo notevoli sforzi in questi settori. Tali sforzi rappresentano un importante contributo per la pace.
Recenti contributi sulle relazioni tra disarmo e sviluppo – due dei problemi più cruciali che sono di fronte al mondo di oggi – sottolineano il fatto che le presenti tensioni tra est e ovest e le diseguaglianze tra nord e sud rappresentano serie minacce per la pace del mondo. Si sta prendendo sempre più chiara coscienza che un mondo pacifico, in cui sia garantita la sicurezza dei popoli e degli stati, richiede un’attiva solidarietà negli sforzi volti sia allo sviluppo sia al disarmo. Tutti gli stati non possono non subire conseguenze dalla povertà di altri stati; tutti gli stati non possono non subire danno dalla mancanza di risultati nei negoziati per il disarmo. Né possiamo dimenticare le guerre cosiddette locali, che pagano un pesante pedaggio in termini di vite umane. Tutti gli stati sono responsabili della pace nel mondo, e questa non potrà essere garantita finché la sicurezza basata sulle armi non sia gradualmente sostituita da una sicurezza fondata sulla solidarietà della famiglia umana. Ancora una volta io faccio appello perché siano compiuti ulteriori sforzi per ridurre al minimo necessario le armi per la legittima difesa, e perché siano accresciute le misure per aiutare i paesi in via di sviluppo ad acquistare fiducia in se stessi. Soltanto così la comunità internazionale può vivere in vera solidarietà.
C’è ancora un’altra minaccia per la pace, quella che nel mondo scalza le stesse radici di ogni società: la grave crisi della famiglia. La famiglia è la cellula fondamentale della società. La famiglia è il primo luogo dove avviene o non avviene lo sviluppo. Se essa è sana e integra, allora sono grandi le possibilità per lo sviluppo plenario di tutta quanta la società. Troppo spesso, tuttavia, non è così. In tante società la famiglia è ormai diventata un elemento secondario. Essa viene relativizzata da diverse interferenze e sovente non trova nello stato quella tutela e sostegno, di cui ha bisogno. Essa non di rado è privata dei giusti mezzi, ai quali ha diritto per poter crescere e vivere in un’atmosfera, in cui i suoi membri possano prosperare. I fenomeni delle famiglie divise, dei membri di una famiglia costretti a separarsi per sopravvivere, o addirittura incapaci di trovare un riparo per dare inizio a una famiglia o mantenersi come gruppo familiare, sono altrettanti segni di sottosviluppo morale e di una società che ha smarrito il senso dei suoi valori. Una misura fondamentale della sanità di un popolo e di una nazione è l’importanza che si dà alle condizioni per lo sviluppo delle famiglie. Difatti, le condizioni vantaggiose per le famiglie promuovono l’armonia della società e della nazione, e questo, a sua volta, favorisce la pace all’interno e nel mondo.
Oggi vediamo lo spettro pauroso di bambini che sono abbandonati o costretti a cercar lavoro. Troviamo bambini e ragazzi nelle baraccopoli e nelle grandi città spersonalizzanti, nelle quali trovano un magro sostentamento e poca o addirittura nessuna speranza per il futuro. Il crollo della struttura familiare, la dispersione dei suoi membri, specialmente dei più giovani, e le conseguenti malattie riscontrate su di loro – abuso della droga, alcolismo, relazioni sessuali passeggere e banalizzate, sfruttamento da parte degli altri – sono altrettanti segni negativi per lo sviluppo di tutta la persona, che va promosso mediante la solidarietà sociale della famiglia umana. Guardare negli occhi di un’altra persona e cogliere le speranze e le inquietudini di un fratello o di una sorella equivale a scoprire il significato della solidarietà.
9. …che impegnano tutti noi
E’ in gioco la pace: la pace civile all’interno delle nazioni e la pace mondiale tra gli stati (cfr. «Populorum Progressio», 55). Tutto ciò Paolo VI intuì chiaramente venti anni or sono. Egli intuì l’intrinseca connessione tra le istanze di giustizia nel mondo e la possibilità di pace per il mondo. Non è una mera coincidenza che lo stesso anno della pubblicazione della «Populorum Progressio» segnò pure l’istituzione della Giornata mondiale per la pace, un’iniziativa che io ben volentieri ho continuato. Paolo VI espresse già il nucleo della riflessione di quest’anno sulla solidarietà e sullo sviluppo, come chiavi per la pace, quando dichiarò: «La pace non si riduce a un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini» («Populorum Progressio», 76).
10. L’impegno dei credenti e specialmente dei cristiani
Tutti noi che crediamo in Dio siamo convinti che questo ordine armonico, a cui tutti i popoli ardentemente aspirano, non può realizzarsi solamente mediante gli sforzi umani, ancorché siano indispensabili. Questa pace – pace personale e pace per gli altri – deve essere cercata in pari tempo nella preghiera e nella meditazione. Ciò dicendo, ho davanti agli occhi e nel mio cuore l’esperienza profonda della recente Giornata di preghiera per la pace in Assisi. Capi religiosi, rappresentanti delle chiese cristiane, delle comunità ecclesiali e delle religioni del mondo hanno dato viva espressione alla solidarietà nella preghiera e nella meditazione per la pace. C’è stato un impegno evidente di ogni partecipante – e di molti altri che a noi erano uniti in spirito – nel cercare la pace, nel farsi pacificatori, nel fare tutto il possibile, in profonda solidarietà di spirito, al fine di operare per una società in cui fiorisca la giustizia e abbondi la pace (cfr. Sal 71,7).
Il giusto Signore, di cui il salmista ci offre la descrizione, è uno che amministra la giustizia ai poveri e ai sofferenti: «Egli ha pietà dei deboli e dei poveri, e salva la vita dei miseri. Riscatterà la loro vita dall’oppressione e dalla violenza» (Sal 71,13-14). Queste parole sono oggi davanti ai nostri occhi, mentre preghiamo perché l’ardente desiderio di pace, che ha segnato l’incontro di Assisi, possa essere un forte stimolo per tutti i credenti e, in special modo, per i cristiani.
I cristiani, infatti, possono ravvisare in queste parole ispirate del salmo la figura di nostro Signore Gesù Cristo, colui che ha portato la sua pace al mondo, colui che ha guarito i feriti e gli afflitti, «per annunziare la buona novella ai poveri…, per rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18). Gesù Cristo è colui che noi chiamiamo «la nostra pace» e che «ha abbattuto il muro di separazione, che era frammezzo, cioè l’inimicizia» (Ef 2,14), al fine di fare la pace. Sì! Precisamente questo desiderio di promuovere la pace, manifestato nell’incontro di Assisi, ci sollecita a riflettere circa la maniera di celebrare in futuro questa Giornata mondiale.
Noi pure siamo chiamati a essere simili a Cristo, a essere operatori di pace mediante la riconciliazione, a essere cooperatori con lui nell’arduo compito di portare la pace su questa terra, promuovendo la causa della giustizia per tutti i popoli e per tutte le nazioni. E non dobbiamo mai dimenticare quelle sue parole, che riassumono ogni perfetta espressione di umana solidarietà: «Fate agli uomini tutto quanto voi vorreste che essi facciano a voi» (Mt 7,12). Allorché questo comandamento viene infranto, i cristiani devono rendersi conto che sono causa di divisione e commettono peccato. Tale peccato ha gravi ripercussioni sulla comunità dei credenti e sull’intera società. Esso offende Dio stesso, che è il creatore della vita e colui che la mantiene in essere.
La grazia e la sapienza, che Gesù mostra fin dal tempo della sua vita nascosta a Nazaret con Maria e Giuseppe (cfr. Lc 2,51-52), sono un modello per le nostre relazioni vicendevoli in seno alla famiglia, nelle nostre nazioni, nel mondo. Il servizio degli altri mediante le parole e le opere, che contrassegna la vita pubblica di Gesù, è lì a ricordarci che la solidarietà della famiglia umana è stata radicalmente approfondita, e che a essa è stato assegnato un fine trascendente che nobilita tutti i nostri sforzi umani per la giustizia e la pace. Infine, il definitivo atto di solidarietà che il mondo ha conosciuto – la morte di Gesù Cristo sulla croce per tutti – apre a noi cristiani la via che dobbiamo seguire. Se la nostra opera per la pace vuole essere pienamente efficace, occorre che essa partecipi del potere trasformante di Cristo, la cui morte dà la vita a ogni persona nata in questo mondo, e il cui trionfo sulla morte è la garanzia definitiva che la giustizia, quale esigono la solidarietà e lo sviluppo, condurrà a una pace duratura.
Possa l’accoglienza che i cristiani fanno a Gesù Cristo, come a loro Salvatore e Signore, dirigere tutti i loro sforzi! Possano le loro preghiere sostenerli nell’impegno per la causa della pace mediante lo sviluppo dei popoli nello spirito di sociale solidarietà.
11. Appello finale
E così insieme diamo inizio a un altro anno: il 1987. Esprimo l’auspicio che esso sia un anno in cui l’umanità metta finalmente da parte le divisioni del passato, un anno in cui le persone cerchino la pace con tutto il cuore. Spero che questo messaggio possa offrire occasione a ciascuno – uomo o donna – di approfondire il suo impegno per l’unicità della famiglia umana nella solidarietà. Sia uno sprone che incoraggi tutti noi a cercare il vero bene di tutti i nostri fratelli e sorelle, in un completo sviluppo che favorisca tutti i valori della persona umana nella società.
All’inizio di questo messaggio ho spiegato che il tema della solidarietà mi ha spinto a indirizzarlo a tutti, a ciascun uomo e donna in questo mondo. Ripeto ora tale invito a ciascuno di voi, ma desidero fare uno speciale appello nel modo che segue: a tutti voi, capi di governo e quanti siete responsabili di organizzazioni internazionali: al fine di assicurare la pace, io faccio appello perché raddoppiate i vostri sforzi per lo sviluppo completo degli individui e delle nazioni; a tutti voi, che avete partecipato alla Giornata di preghiera per la pace in Assisi o che vi siete uniti spiritualmente con noi in quella occasione: io faccio appello perché possiamo insieme testimoniare in favore della pace nel mondo; a tutti voi, che viaggiate e che siete interessati agli scambi culturali: io faccio appello perché siate strumenti consapevoli di una più grande reciproca comprensione, rispetto e stima; a voi, miei fratelli e sorelle più giovani, alla gioventù del mondo: io faccio appello perché usiate ogni mezzo per stabilire nuovi legami di pace, in fraterna solidarietà con i giovani di ogni dove.
E oserò io sperare di essere ascoltato da quelli che praticano la violenza e il terrorismo? Quanto a voi a cui giungerà almeno la mia voce, io vi prego di nuovo – come ho già fatto in passato – di desistere dal perseguire con la violenza i vostri scopi, anche quando questi siano di per sé giusti. Vi prego di desistere dall’uccidere e far del male all’innocente. Vi prego di smettere di minare la stessa struttura della società. La via della violenza non può raggiungere una vera giustizia per voi o per alcun altro. Se volete, voi potete ancora cambiare. Voi potete dimostrare la vostra umanità e riconoscere la solidarietà umana. Faccio appello a tutti voi, dovunque siate, qualunque cosa facciate, perché riconosciate il volto di un fratello o di una sorella in ogni essere umano. Ciò che ci unisce è tanto di più di ciò che ci separa e divide: è la nostra comune umanità.
La pace è sempre un dono di Dio; eppure, essa dipende anche da noi. E le chiavi della pace sono in nostro potere. Sta a noi usarle per aprire tutte le porte!
Dal Vaticano, l’8 dicembre dell’anno 1986.
GIOVANNI PAOLO II